L’Ecuador si inserisce tra i paesi che stanno riformando il settore della canapa: lo scorso settembre il Parlamento infatti ha approvato una riforma che alza all’1% il limite di THC per la coltivazione di canapa.
Il disegno di legge, che porta la firma del governo di Lenin Moreno, è stato votato a favore dalla maggioranza dei parlamentari, mentre 23 membri dell’Assemblea hanno scelto di astenersi dal voto e 20 hanno votato contro. Si tratta di un cambio epocale che segue la scia di altri paesi come Australia, Svizzera e il vicino Uruguay.
Le prime ricadute economiche della riforma riguardano gli investimenti stranieri, soprattutto di imprese canadesi e statunitensi, destinati ad aumentare. Già molte zone rurali dell’Ecuador si sviluppano attorno a dei vulcani, che arricchiscono i terreni di oligoelementi e minerali necessari per le coltivazioni intensive. Con la nuova norma, l’intera filiera vedrà allargato il proprio giro d’affari.
Eppure nel dibattito pubblico c’è chi ne è contrario. Per Oscar Farith Pino Herrera, fondatore della Cáñamo Industrial Ecuador ( associazione che rappresenta il settore nazionale), sono i proprietari più ricchi a temere la riforma perché come primo effetto avrà quello di aumentare la concorrenza. Per Herrea nel giro di pochi anni il paese diventerà uno dei più grandi player del mondo non solo nella canapa industriale, ma anche in quella terapeutica.
Ad oggi il limite di THC dello 0,2% è quello presente nell’Unione europea, nonostante l’Associazione europea della canapa industriale (EIHA) chiede di rivedere i limiti al rialzo per garantire la piena competitività dell’industria europea della canapa. In Nord America invece, il limite è fissato allo 0,3%.
Matteo Melani