Una modifica che aveva fatto discutere gli operatori di settore, ma che avrebbe dato delle regole certe a partire da gennaio 2020 sia per la commercializzazione delle infiorescenze che per la biomassa ed estrazione di CBD. Parliamo degli emendamenti che erano stati inseriti nella legge di bilancio dai senatori Mantero e Mollame del M5S, che però non diventeranno realtà.
La notizia è arrivata direttamente dalla voce di Matteo Mantero che, dopo essersi scusato, ha spiegato che: “Vi devo dare una pessima notizia, ho scoperto che i due emendamenti sulla canapa industriale sono stati ritirati senza neppure essere discussi nella seduta di sabato scorso alla quale ahimè non ero presente”. Ora il senatore sta aspettando “la prima convocazione utile (da sabato non ce ne sono state altre) per chiedere che siano riammessi visto che il ritiro non è stato concordato con i primi firmatari”, ma è lui stesso a sottolineare che “difficilmente accadrà”.
Poi, dopo aver spiegato di non essere stato presente in commissione Bilancio a difendere gli emendamenti, facendo ammenda per aver creato false aspettative nel settore, chiede scusa anche “per la maggioranza di cui faccio parte, perché mentre il resto del mondo veleggia sulla rotta della legalizzazione della “marijuana” noi abbiamo paura di affrontare il tema della canapa industriale, di regolamentare la vendita di un fiore senza alcun “effetto stupefacente” ma che permetterebbe a migliaia di persone, agricoltori e commercianti, di continuare a lavorare e pagare le tasse”.
E qui la domanda è solo una: il Movimento 5 Stelle, da che parte sta? Si sono sempre detti a favore non solo della legalizzazione ma anche del comparto della canapa industriale che tutti difendono a parole, ma che nessuno aiuta concretamente nei fatti, lasciando migliaia di commercianti e operatori di settore in balia dell’incertezza normativa e del giudice di turno.
Se da una parte le iniziative dei singoli parlamentari continuano ad essere lodevoli, quello che manca è che il Movimento torni a far sentire la sua voce in modo unitario e ad agire di conseguenza. Altrimenti il rischio è che la battaglia in favore della canapa, che è stata portata avanti con grande enfasi durante la campagna elettorale portando al movimento migliaia e migliaia di voti dal popolo antiproibizionista, resti solo uno slogan, mentre migliaia di cittadini e imprenditori onesti hanno investito soldi e tempo, per essere trattati come degli spacciatori.
Quello che ci lascia l’amaro in bocca è che un movimento nato per opporsi alla politica, utilizzi, una volta arrivato al potere, gli stilemi e le prassi peggiori dei politici che indicavano come il male della società, illudendo ampie fette di popolazione durante le campagne elettorali, per poi girarsi dall’altra parte quando i cittadini hanno bisogno di loro.
Sarebbe dovuto essere il momento del coraggio e invece è stato quello della paura. Probabilmente una scelta dettata dal non voler dare un assist a Salvini che è perennemente in campagna elettorale. Ma la politica non si fa guardando al proprio tornaconto, bensì a quello dei cittadini. E in questo caso parliamo di un comparto che tra lavoro diretto e indiretto comprende circa 12mila persone, tanto quanti sono i lavoratori dell’ex Ilva e dell’indotto totale.
Mentre le aziende continuano a chiudere, questo potrebbe essere il colpo finale ad un comparto che nel resto del mondo cresce e si sviluppa, grazie anche al sostegno del governo. Come abbiamo già scritto in passato, mentre il resto del mondo legalizza tutta la cannabis, noi in Italia facciamo la guerra a quella light, senza effetti stupefacenti, ed è la misura della miopia delle nostre istituzioni e della nostra politica.
Mario Catania