Quando si parla di qualità dell’aria, viene spontaneo pensare allo smog emesso dai tubi di scappamento delle auto, dalle ciminiere delle fabbriche o dai caminetti delle case. Altrettanto importante però è l’aria che respiriamo dentro le nostre case, che svolge “un ruolo di primo piano in ambito sanitario, rappresentando uno dei principali determinanti della salute, considerando che spesso l’esposizione […] è dominante rispetto a quella esterna-outdoor. La qualità dell’aria indoor dipende, oltre che dalla qualità dell’aria outdoor, anche dalla presenza di sorgenti interne di emissione e diffusione di contaminanti, con concentrazione di inquinanti chimici e biologici che possono influenzarne le caratteristiche”. A metterlo nero su bianco è l’Istituto Superiore di Sanità nel report “Indicazioni ad interim per la prevenzione e gestione degli ambienti indoor in relazione alla trasmissione dell’infezione da virus SARS-CoV-2”, pubblicato nel pieno dell’emergenza coronavirus.
Limitare le uscite soltanto alle occasioni di stretta necessità è infatti la prima regola per contenere il contagio. Ma non si può dimenticare che il virus sopravvive per diverse ore sulle superfici, perdendo la sua carica infettiva con tempistiche che dipendono dallo specifico materiale e che sono tuttora oggetto di studio.
Al momento non è ancora dato sapere quando riusciremo a lasciarci alle spalle lo stadio acuto della pandemia, né cosa prevedrà la tanto dibattuta “fase 2”. Di una cosa, però, possiamo essere certi. Dopo uno shock di questo calibro, cambieranno profondamente anche i criteri per la progettazione, la costruzione e la valutazione di mercato degli edifici. La loro salubrità salirà in cima alla lista delle priorità degli addetti ai lavori, delle istituzioni e delle famiglie.
Per fortuna, non è detto che le soluzioni debbano essere inventate da zero. La bioedilizia infatti può già contare su materiali che garantiscono ottime e comprovate prestazioni in termini di sanificazione: i biocompositi in canapa e calce. Oltre a godere di un migliore isolamento termico e acustico, disperdere una minore quantità di energia, imprigionare le emissioni di CO2 ed essere meno vulnerabili agli incendi, dunque, le costruzioni in canapa e calce garantiscono un confort ideale e tutelano la salute di chi le abita.
Ma a cosa si devono queste notevoli proprietà? A spiegarlo è Gilberto Barcella, professionista specializzato nel restauro e nella costruzione con la canapa e la calce naturale, ora direttore tecnico, ricerca & sviluppo e commerciale per la divisione Tecnocanapa by Senini di Montichiari. “Sin dall’antichità, la calce utilizzata come legante insieme alla canapa veniva impiegata per sanificare e disinfettare gli ambienti. Si tratta nello specifico di idrossido di calcio, che si ottiene mischiando la calce idrata con acqua in una proporzione ben definita. Le pareti, i cappotti, gli intonaci e le pitture, realizzati sia con le tecniche tradizionali che a proiezione sulle superfici, risultano quindi privi di batteri e virus”.
“Al tempo stesso – continua – il confort e la qualità dell’aria indoor risultano eccellenti, perché questi materiali regolano l’umidità, azzerano la condensa ed evitano la cosiddetta sindrome dell’edificio malato”. Questa espressione corrisponde all’inglese SBS (Sick Building Syndrome) ed è stata coniata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per contrassegnare un quadro sintomatologico ben preciso che può insorgere quando si trascorre il tempo all’interno di edifici (moderni o recentemente rinnovati) dotati di impianti di ventilazione e condizionamento che non garantiscono un adeguato ricambio d’aria con l’esterno. I sintomi principali sono irritazioni agli occhi, al naso, alle vie respiratorie e occasionalmente alla pelle, accompagnate da stanchezza, mal di testa, vertigini e difficoltà di concentrazione. Di norma scompaiono spontaneamente dopo l’uscita dall’ambiente poco salubre, ma a lungo andare possono compromettere il benessere e la produttività delle persone che lo frequentano assiduamente. Comportando rilevanti costi sanitari e sociali.
Proprio sul tema dei costi, Barcella ci tiene a sfatare un mito: quello per cui l’edilizia sostenibile sia più onerosa rispetto a quella tradizionale. Al contrario, gli edifici in canapa e calce richiedono un processo costruttivo più rapido e snello, il che incide ovviamente sulle spese. Bisogna inoltre considerare che nell’ultimo decennio l’Unione europea ha manifestato un forte impegno politico per modernizzare il settore delle costruzioni all’insegna di un minore impatto ambientale. La prima ‘Direttiva sulle prestazioni energetiche degli edifici’ risale addirittura al 2010 e nel 2018 il quadro normativo è stato ulteriormente aggiornato (e reso più ambizioso) dal Pacchetto energia pulita per tutti gli europei. Le costruzioni in canapa e calce, che possono addirittura diventare ‘carbon negative’ assorbendo più CO2 di quanta ne producano, sono perfettamente coerenti con il percorso europeo di decarbonizzazione del patrimonio edile entro il 2050. Di conseguenza, possono beneficiare degli importanti incentivi economici previsti da qui ai prossimi anni. “In Italia, mettendo insieme ecobonus e sismabonus, attualmente si può ottenere un massimo di 136mila euro di sgravi fiscali per ogni unità abitativa”, conclude Gilberto Barcella. In sintesi, è proprio questo il momento giusto per investire su case capaci di tutelare la salute dell’uomo e del Pianeta.
Gilberto Barcella – Direttore tecnico di Tecnocanapa by Senini