Il mercato del CBD alimentare negli Stati Uniti sta vivendo un vero e proprio boom: da una parte un’offerta sempre più vasta e un crescente numero di aziende che si inseriscono nel mercato, dall’altra la creazione di un sistema di distribuzione capillare. A giovarne sembra essere soprattutto il settore delle bevande.
L’industria del CBD alimentare, in particolare destinato alle bevande, sta ricevendo un’attenzione sempre maggiore da parte di alcune delle più grandi aziende del mondo. “C’è stato un enorme interesse non solo tra le aziende di cannabis, ma anche tra le principali aziende di bevande”, ha spiegato Michael Bronstein, presidente dell’American Trade Association for Cannabis and Hemp (ATACH).
Sono numerose, infatti, le aziende del settore beverage che stanno ampliando la propria offerta utilizzando la cannabis e il CBD alimentare — proponendo prodotti che spaziano dalle bevande sportive al CBD alle alcoliche infuse di THC — e che, partendo dal proprio stato natale, hanno da poco allargato la propria distribuzione a più territori a stelle e strisce.
Tra queste c’è la Molson Coors Beverage Co., per esempio, che nell’autunno 2021, ha ampliato la distribuzione della sua linea di bevande al CBD, Truss, con il supporto di Hexo Corp., coltivatore di cannabis canadese; ora, partendo dal Colorado, la rete ha raggiunto ben 17 stati.
Sulla stessa scia anche Canopy Growth Corp., che dopo aver lanciato Quatreau, la linea di bevande al CBD, ha da poco iniziato a collaborare anche con Karma Water, società di bevande funzionali con sede a New York, per il lancio di un’acqua CBD che sarà distribuita negli Stati Uniti grazie a una rete di circa 25.000 rivenditori.
Nonostante l’aumento dell’offerta e l’utilizzo già normato del CBD nel settore alimentare — al contrario di quanto avviene in Europa, dove stiamo aspettando i regolamento per l’utilizzo come Novel Food —, però, secondo un’analisi di mercato condotta da NielsenIQ, a marzo 2021 le vendite di bevande contenenti CBD e derivate dalla canapa hanno registrano un calo del 32% nelle principali catene di negozi di alimentari, farmacie e minimarket rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Quello delle bevande, inoltre, sembra il settore più colpito dalla crisi: nello stesso periodo, nel caso dei prodotti edibili al CBD, infatti, le vendite sono diminuite solo del 13%. Eppure l’entusiasmo dei protagonisti del settore è in crescita.
Ad alimentare l’interesse delle principali aziende c’è innanzitutto c’è l’impegno dei produttori di drink alcolici nel cercare nuovi prodotti da proporre come alternativa a quelli tradizionali, che stanno subendo un calo continuo delle vendite da oltre dieci anni.
La più colpita, tra gli alcolici, sembra essere la birra: se nelle generazioni “Baby Boomers” e “Generation X” la bevanda rappresenta il 50% dei consumi, infatti, per i “Millennial” la percentuale scende al 25% e per la “Generazione Z” addirittura al 12,5%.
Poi, c’è il miglioramento dell’offerta, con bevande alla cannabis e al CBD con un sapore in continua evoluzione e nettamente migliorato rispetto a quello di qualche anno fa, quando i consumatori non erano stati convinti dal sapore di clorofilla o dal retrogusto lasciato dalle molecole di cannabinoidi liposolubili. Infine, la riduzione dei luoghi dove ai fumatori è concesso consumare cannabis, che quindi necessitano di un’alternativa.
“Queste nuove bevande sono tra i prodotti più promettenti nel settore alimentare”, ha affermato Carmen Brace, fondatrice di Aclara Research, una società di Chicago che analizza i dati sui consumatori di CBD. “Tutti sono interessati alle roadmap dell’innovazione per catturare l’interesse e rendere il consumo possibile in diverse parti del giorno e in diverse occasioni. E, in più, i consumatori cercano cibi che soddisfano più nel gusto”.
A confermare l’entusiasmo anche le ultime ricerche di Aclara Research in collaborazione con Ipsos, dalle quali, sondando l’opinione di 1.100 consumatori che vivono negli stati dove la cannabis è legale anche per uso ricreativo, è emerso che, sebbene le bevande siano la forma meno comune per il consumo di cannabis, il settore è in crescita. “Forse le bevande non vengono utilizzate così frequentemente come gli altri prodotti — fiori, vaporizzatori, edibili — ma sono più frequentemente utilizzate nelle occasioni sociali”, ha concluso Brace.
Per quanto riguarda l’Europa, incede, nel dicembre 2020 la Commissione Europea ha comunicato che il CBD poteva essere qualificato come alimento, ma da allora non sembrano esserci stati passi avanti. L’industria della cannabis si muove quindi contro gli errori e la stagnazione della Commissione Europea.
Nonostante un primo apparente passo avanti della Commissione Europea verso il CBD e le sue applicazioni nel settore alimentare, la situazione attuale non sembra solo essere stagnante, ma sembra addirittura portare verso un cambio di rotta.
Al momento, infatti, numerosi progetti legati al CBD sintetico sono in fase di convalida e valutazione del rischio da parte dell’Autorità Europea per la sicurezza alimentare ed è proprio la mancanza di progressi delle oltre 130 applicazioni che preoccupa alcuni attori del settore, convinti che la Commissione Europea stia per intraprendere una dannosa inversione di tendenza sullo stato del CBD. Emblematica la situazione oltremanica, dove nel Regno Unito tre quarti delle domande legate ai prodotti Novel Food a base di CBD sono già state rifiutate.
Martina Sgorlon