Mentre le nostre varietà di canapa sono a rischio, in USA investono 500mila dollari per una banca del seme

Canapicoltura Canapicoltura e infiorescenze //

Mentre le nostre varietà di canapa, proprio in questi giorni, spariscono dall’elenco del MIPAAFT con ombre sul futuro di genetiche storiche conosciute in tutto il mondo, gli Stati Uniti stanno pensando di investire 500mila dollari per realizzare una banca del seme e preservare le genetiche, implementarle e fare ricerca.

In Italia la situazione è questa: a guardare la situazione ad oggi, sembra che le istituzioni deputate allo sviluppo delle nostre genetiche, la base per tutto il settore canapicolo in Italia, stiano facendo di tutto per creare problemi invece che risolverli. Dal CREA che sembra preferire tenere le genetiche nel cassetto piuttosto che farle riprodurre, forse con il timore che possano essere usate solo per produrre infiorescenze, per arrivare alle istituzioni governative, che invece che favorirlo, si scagliano contro il settore canapa in generale.

Non bisogna dimenticare che Ida Marandolo, la direttrice generale del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea) è stata arrestata dalla Guardia di Finanza a marzo nell’ambito di un’indagine della procura di Roma che ha portato alla luce “gravi irregolarità” nella gestione dell’ente. Le misure cautelari riguardano anche altri quattro soggetti, accusati a vario titolo di peculato, abuso d’ufficio e falso. Il Gip ha anche disposto il sequestro di beni per 8 milioni.

Una notizia da non sottovalutare visto che stiamo parlando del principale ente di ricerca italiano alle dipendenze del ministro delle Politiche agricole Centinaio, fedelissimo di Matteo Salvini, che avrebbe la forza e le capacità per fare da guida istituzionale ad un settore che ne ha forte bisogno.

E proprio Salvini, che nei giorni scorsi è tornato ad accanirsi sul fenomeno della cannabis light, ha sostenuto che: “Stiamo lavorando, con altri corpi dello Stato, per andare a verificare la giungla che ci siamo trovati a gestire come regalo, di qualcuno che c’era prima, di tutti quei canapa shop che hanno aperto come funghi, e che in un caso su due di controlli, si rivelano centri dello spaccio”. Una presa di posizione grave in quanto non sostenuta né da fatti concreti né da sentenze, che vuole solo gettare discredito su una fetta sempre più ampia di lavoratori onesti che investono, creano lavoro, e pagano le tasse, nonostante il governo non stia facilitando loro le cose.

Dal punto di vista delle genetiche ad oggi la situazione delle storiche varietà di canapa italiane è quantomai enigmatica. La Carmagnola e la CS (Carmagnola Selezionata), che facevano capo ad Assocanapa, risultano “cancellate”. Come abbiamo già spiegato, probabilmente non è stata rinnovata la licenza in tempo, e quindi ad oggi i diritti sono tornati al CREA-CIN. Sarebbe bastato che un funzionario avvertisse della situazione, per fare in modo che la genetica rimanesse in mano all’azienda in modo che si continuasse a riprodurre il seme, oppure fare un altro bando per l’assegnazione. Invece la situazione rimane incerta e il problema è che i semi, se non riprodotti, scarseggeranno per gli anni a venire. Come già spiegato la varietà rimane comunque iscritta nel registro delle varietà certificate, e quindi chi ha i semi può coltivarli tranquillamente, il problema è di gestione e di lungimiranza.

L’Eletta Campana e la Fibranova erano state affidate ad un’azienda che oggi è fallita, e quindi, prima di poterle vedere riprodotte di nuovo da qualche azienda, bisognerà che terminino le traversie giudiziarie, oppure che, allo scadere della licenza, venga fatto un nuovo bando.

Carmaleonte e Codimono, sono affidate ad un’altra azienda che non le sta riproducendo, anche se la concessione non è esclusiva e quindi si potrebbero affidare anche ad altre aziende, cosa che attualmente non è stata fatta.

E poi ci sarebbero Asso e Fibrante, che sono in qualche cassetto dell’istituto di ricerca italiano, e lì fino ad oggi sono rimaste. E’ strano come, nel momento in cui si dovrebbe spingere la canapicoltura italiana, come volano di sviluppo ecologico e sostenibile, che si sposa perfettamente con le dinamiche dell’economia circolare nel rispetto dell’ambiente, lo sviluppo delle varietà, che è alla base di tutto il settore, non venga quasi considerato.

In America, il paese che aveva avviato il proibizionismo prima e la tristemente famosa guerra alla droga poi, stanno facendo l’opposto, sia nei settori medico e ricreativo, che in quello industriale. In particolare, il Comitato per gli stanziamenti del Senato vuole che il Servizio federale di ricerca agricola investa 500mila dollari per mantenere una banca industriale di semi di canapa.

Forbes cita uno studio del 2003 pubblicato su Economic Botany per spiegare che le 56 genetiche di canapa americana coltivate fino al 1973, sono state distrutte; stessa sorte capitata alle centinaia di genetiche catalogate e conservate dallo studioso Ernest Small fino al 1979 in Canada.

La nuova banca di semi di canapa finanziata dal governo federale sarà ospitata presso l’unità di ricerca sulla genetica vegetale dell’Università della Columbia, nel Missouri. “La scarsità di semi di canapa di alta qualità è un ostacolo allo sviluppo di un’industria americana della canapa”, ha detto nel frattempo Eric Steenstra, presidente dell’associazione Vote Hemp.

Il testo della stessa legge di finanziamento del Dipartimento dell’Agricoltura, che la Commissione degli Approvvigionamenti ha approvato all’unanimità nei giorni scorsi, contiene anche una disposizione che consente agli Stati di realizzare programmi di ricerca sulla canapa industriale senza interferenze federali.

Intanto, per paradosso, visto che ogni anno siamo costretti ad importare seme dalla Francia o dai paesi dell’Est, uno storico imprenditore canapicolo come Cesare Tofani, ha deciso, tramite la sua Natur Fibre, di prendere in concessione i diritti di qualche varietà ungherese, che inizierà a riprodurre quest’anno. Come ci ha raccontato, “almeno ci sarà disponibilità di seme prodotto in Italia, seppure di una varietà estera”. L’idea è di iniziare con qualche tonnellata che sarà disponibile nel 2020.

Quindi la situazione ad oggi è questa: mentre le nostre genetiche storiche vengono riprodotte poco e male, e altre non sono mai state affidate, iniziamo a riprodurre seme estero per poter soddisfare le richieste dei nostri agricoltori.

Abbiamo già perso 2 o 3 anni fondamentali, mentre nel resto del mondo si stanno ponendo delle basi serie per la nascita di un nuovo settore ecologico e remunerativo. Speriamo che le istituzioni si accorgano dei danni che stanno creando, per pregiudizio, poca lungimiranza o mala gestione, ad un settore che potrebbe portare in Italia migliaia posti di lavoro derivati dall’agricoltura di una delle piante più sostenibili del pianeta. Mentre in Italia gli agricoltori sono costretti a coltivare varietà francesi, ungheresi o rumene, e dall’estero ogni anno continuano a chiedere seme italiano che scarseggia, le nostre genetiche, che potrebbero farci primeggiare a livello mondiale, rimangono nei cassetti del CREA.

Mario Catania

Altri articoli che potrebbero interessarti...