Sconosciuto ai più, Etienne De Meijer è il breeder che probabilmente ha accumulato più conoscenze di chiunque altro sulla cannabis, essendo tra gli studiosi con il più alto numero di brevetti, di pubblicazioni e in generale di conoscenza su questa pianta.
Quando lavorava per la GW Pharmaceuticals, è stato ad esempio il padre delle prime genetiche di cannabis utilizzate per creare i primi farmaci ottenuti e commercializzati da questa pianta, il Sativex e l’Epidioloex.
Biochimico di professione e olandese di nascita, tra le altre cose ha sviluppato la sua tecnica di “autoprogenizzazione” – o “selfing” che già 20 anni fa gli permetteva di fare 20mila cloni con genitori ‘selfed’ in due settimane. Notoriamente schivo e poco interessato a rilasciare interviste, siamo riusciti a raggiungerlo grazie alla conoscenza comune con il dottor Giampaolo Grassi, che l’ha intervistato per noi.
Come ha avuto inizio il suo interesse nella coltivazione della canapa?
Ho sempre nutrito interesse per le piante e l’utilizzo che ne possiamo fare. Uno dei miei primi incarichi dopo l’Università, fu alla banca dei geni olandese di Wageningen. La nostra ricerca era focalizzata nel trovare colture industriali alternative per l’agricoltura olandese. La fibra di canapa era inizialmente solo una delle tante possibilità. Ma divenne prioritaria quando ricevette l’interesse del Governo per il suo utilizzo nella produzione della carta. Ebbi la fortuna di poter ricercare e valutare una grande collezione di germoplasma di cannabis che sarebbe stata, di seguito, la base futura della produzione. Così è iniziato tutto.
Quando ti sei reso conto che i tuoi studi e la tua esperienza sulla cannabis potevano diventare un lavoro?
La ricerca alla banca dei geni di Wageningen si concluse con un fascicolo completo sulla canapa come materiale, economicamente e tecnicamente, adatto per l’industria della carta. Ma il progetto non ebbe seguito. Tuttavia la nostra ricerca attrasse l’attenzione di molte persone, tra cui i fondatori di HortaPharm. Mi offrirono un lavoro come coltivatore nel loro progetto per la cannabis terapeutica. Fu intorno al 1995.
Quali sono le differenze maggiori tra la canapa industriale e quella terapeutica?
Naturalmente i prodotti di interesse sono molto diversi e contano su parti diverse della pianta; le fibre della corteccia dello stelo, i semi nell’infiorescenza da una parte, dall’altra cannabinoidi nei tricomi floreali. Le condizioni di sviluppo delle piante sono diverse, campi versus serre. La composizione genetica è differente, colonie versus cloni e progenie di ibridi molto uniformi. Il sistema di propagazione è diverso, impollinazione all’aperto versus la clonazione, autofecondazione e incroci controllati. Le coltivazioni di cannabis industriale e terapeutica fanno uso di metodi diversi per l’induzione floreale, l’isolamento, l’uso di fitormoni e focalizzano su tratti genetici molto differenti. Monoicismo, resa dello stelo, contenuto e qualità delle fibre versus resa floreale, contenuto e composizione dei cannabinoidi, piante unisessuali (femminili) e, a volte, insensibilità al fotoperiodo.
Quali tecniche hai utilizzato per sviluppare le tue piante, che hanno il più alto contenuto di cannabinoidi?
Durante gli anni ho ricercato progenie femminili con profili o contenuti particolari di cannabinoidi. Questa selezione differiva sia dalla cannabis per coltivazione industriale sia dalla cannabis ricreativa e dalle colture presenti e autoctone. Venne sviluppata una tecnica che permetteva l’auto-fertilizzazione di grandi numeri di piante femminili così come il loro mutuo incrocio. Applicando questa tecnica riuscimmo ad ottenere vaste linee genetiche, omozigote, con i classici chemotipi come THC e CBD predominanti, così come combinazioni di chemotipi ricchi in CBG, CBD, THCV,CBDV,CBGV (così come piante prive di cannabinoidi). Il processo culminava con il metodo per eterosi. Dal chemiotipo desiderato si procedeva all’incrocio, poi alla selezione e propagazione dei genotipi superiori.
Quale tecnica hai poi sviluppato per dare il più alto concentrato di terpeni alle tue piante?
Stessa tecnica di prima, ma il mio programma era incentrato più sui cannabinoidi che i terpeni. Ho sviluppato cloni privi di cannabinoidi, ma ognuno con uno specifico profilo di terpeni.
Quali componenti della cannabis pensi verranno utilizzati nella medicina del futuro?
Non so molto sulla farmacologia o i cibi ”terapeutici”. Insieme ai cannabinoidi e ai terpeni, l’olio di semi e gli acidi grassi potrebbero ottenere interesse. Col tempo, ho la sensazione che, anche i cannabinoidi semi-sintetici, e cioè i cannabinoidi modificati naturalmente dovrebbero essere approfonditi.
Qual è la tua varietà, o clone di cannabis preferita?
Non ho proprio una specifica preferenza, sono intrigato dalle diverse mutazioni di chemiotipi… Come quelli che possiedono grandi quantità del loro precursore cannabinoide CBGA.
Qual è la varietà di cannabis che hai ottenuto con più difficoltà e quanto tempo hai dovuto impiegare?
Sviluppare piante ad alto contenuto puro di CBC, non è stato facile. Così come l’incrementare la proporzione di cannabinoidi propilici fino al 94%-95% nel totale della frazione del cannabinoide. Questi processi impiegano 5-10 anni; dal progetto, alla strategia di lavoro fino alla realizzazione.
Quale fu la più importante scoperta o tecnica nella storia della coltivazione della cannabis?
È difficile dare una risposta generica. L’invenzione della cromatografia a gas fu cruciale per lo sviluppo di chemiotipi. Per me, tuttavia, fu l’invenzione di una tecnica efficiente per indurre pollini fertili su genotipi femminili, a garantire l’auto-fertilizzazione e incroci tra le piante femmina.
Pensi che l’espressione eterologa nei microorganismi possa diventare economicamente competitiva per la produzione di cannabinoidi?
Potrebbero competere con le piante solo gruppi minori di cannabinoidi o cannabinoidi che provengono da gruppi geneticamente modificati. Tuttavia, se la legge continua a vietare la coltivazione di piante cannabis, la produzione di cannabinoidi in cisterne di fermentazione, potrebbe diventare una valida alternativa.
Potresti dirci qual è la qualità o l’effetto che apprezzi di più della cannabis?
Personalmente, la canapa tessile per sostituire quella non sostenibile del cotone. Nonostante io abbia lavorato tutta la mia vita per la produzione di cannabinoidi, questo non significa che io veda queste sostanze come una benedizione per l’umanità.
Hai prove dell’esistenza sul commercio di genotipi di cannabinoidi GMO ottenuti per incrementare il contenuto cannabinoide?
No, per quel che ne so io, attualmente non esistono. E credo che, per incrementare il valore dei cannabinoidi, non sia necessaria la manipolazione genetica. Considerando che i cannabinoidi sono metaboliti secondari, i loro valori al 25% in fiori essiccati sono già estremamente alti. E questo è il risultato di anni di sviluppo di varietà autoctone, coltivazione classica e ottimizzazione delle tecniche.
Giampaolo Grassi – Canvasalus Srl