L’utilizzo della canapa nel settore tessile affonda le sue radici in un passato lontanissimo, ma con l’arrivo del fast fashion e delle fibre sintetiche, questa tradizione è andata via via scomparendo, soprattutto in Italia.
Oggi, con la costante ricerca di alternative e di soluzioni più sostenibili, amiche dell’uomo e dell’ambiente, la canapa è stata rivalutata e non mancano, a livello internazionale, le aziende e le piccole realtà che hanno deciso di inserirla nuovamente nei processi produttivi, complici la sua incredibile resistenza e la versatilità delle sue fibre.
Per saperne di più abbiamo intervistato Stefano Mei, socio di Green Organics di Prato, unica azienda italiana ad effettuare la “cotonizzazione” della canapa a uso tessile e che presenterà a breve i primi prodotti ottenuti con questa tecnica.
Green Organics è l’unica azienda italiana ad effettuare la “cotonizzazione” della canapa ad uso tessile, ma in cosa consiste questo processo? Cosa significa?
Il processo consiste nel lavorare la fibra decorticata della canapa, ripulendola dalla parte legnosa e togliendo il più possibile il rivestimento colloso della pectina, che tiene unite le varie fibre, il tutto cercando di non indebolire troppo la fibra che verrà poi filata. Il risultato è una fibra che mantiene le caratteristiche tecniche tipiche della canapa, ma è anche facilmente filabile e quindi particolarmente adatta al settore tessile.
La produzione di canapa per uso tessile si basa per lo più sulla “fibra lunga”, proveniente da piante coltivate solo ed esclusivamente per questo utilizzo, ma in Italia la produzione è prettamente per il fiore e le caratteristiche del fusto di quelle piante sono diverse. In quei casi, infatti, gli steli, per la loro lunghezza e quantità di internodi, rientrano nella cosiddetta “fibra corta”, per la lunghezza ridotta delle fibre, soprattutto, sono più legnose e quindi molto più difficili da lavorare, per questo vengono completamente scartati per il tessile abbigliamento.
Da dove è nata l’idea?
Vengo da Prato, una città tessile famosa per il cardato, la lana rigenerata, e mi sentivo quasi in obbligo con me stesso nel voler almeno provare a trovare un modo per utilizzare la canapa nel tessile, perché in fin dei conti, questa pianta permette la produzione di capi d’abbigliamento molto più eco-compatibili del cotone.
In aggiunta, noi italiani siamo stati i primi ad effettuare la cotonizzazione della canapa, perché ai tempi dell’autarchia fascista, gli alleati avevano imposto l’embargo sul cotone. In risposta, abbiamo inventato il cafioc, una fibra di canapa lavorata con processi di sgommatura che permettevano di “aprirla a fiocco” e renderla facilmente filabile in sostituzione al cotone. Ho voluto accettare la sfida di trovare una soluzione per colmare quel gap di conoscenze perdute che un tempo ci permettevano di riuscire in questo processo, dove ad oggi il mercato è dominato da aziende cinesi che si riforniscono di fibra di canapa europea.
Green Organics si occupa personalmente delle trasformazioni necessarie per ottenere il tessuto? Se sì, quali macchinari utilizzate nello specifico?
Sì, mi occupo direttamente della trasformazione necessaria per ottenere la fibra, che dopo passaggi meccanizzati può essere filata. Per farlo utilizzo due sistemi sperimentali. Uno realizzato sulla base di miglioramenti tecnici di sistemi già in uso all’estero, che prevedono la macerazione bio-enzimatica della fibra e una serie di sgommature a temperatura e pressione controllata. L’altro è un mio sistema scalabile, che si basa su una serie di reazioni chimiche e permette la cotonizzazione con 0 waste (ossia 0 residui inquinanti), saltando del tutto il processo di macerazione e sgommatura.
La canapa utilizzata viene coltivata direttamente o esclusivamente da voi o vi avvalete del supporto di fornitori?Attualmente la canapa utilizzata è stata coltivata direttamente da noi, ma le nostre piante sono state coltivate per il fiore e non per la fibra e la cotonizzazione è ad oggi l’unica alternativa per poter utilizzare anche la fibra proveniente da piante di canapa coltivate per altri scopi. Ciò che manca in Italia è un’impianto di stigliatura che accetti anche questi steli.
Solitamente per la tessitura si usa solo fibra detta “lunga”, come dicevo, proveniente quindi da canapa coltivata appositamente per la fibra, ma il problema è che in Italia mancano gli ettari coltivati a canapa da fibra, ne servirebbero almeno 400 per un business plan finanziabile, e gli impianti di prima trasformazione attivi sono rari, tanto che al momento non abbiamo ancora trovato una quantità adeguata di fibra disponibile. Insomma, manca la materia prima, ma ci stiamo lavorando.
Collaborate anche con aziende locali? Se sì con quali e per quali fasi?
Collaboriamo con aziende locali che per ora non nominiamo, per le fasi di cardatura e filatura in mista con altre fibre.
Su cosa si basa il concetto di “agricoltura rigenerativa” che praticate?
L’agricoltura rigenerativa è un insieme di principi agronomici antichi e moderni, che vanno ben oltre il biologico e mirano a massimizzare le risorse naturali presenti nel territorio, con lo scopo di migliorare la fertilità del terreno. Ci sono molte prove scientifiche che indicano questo tipo di coltivazione come l’ideale per la lotta al cambiamento climatico e la desertificazione del suolo.
Il concetto chiave è custodire l’habitat nei pressi della piantagione, rigenerando il suolo in modo che aumenti di fertilità ogni anno, il tutto per avere una produzione sempre maggiore, più naturale e che riduca sempre meno l’impatto ambientale.
Perché Green Organics è diversa dalle altre aziende?
Coltiviamo in modo naturale, cercando di autoprodurre il più possibile, dal terreno utilizzato come substrato ai fertilizzanti e agli antiparassitari. Queste pratiche ci permettono di avere una coltivazione sana con prodotti di maggior qualità e di essere carbon neutral.
Martina Sgorlon