Il nuovo articolo del dottor Giampaolo Grassi, già primo ricercatore del CREA-CIN e uno dei massimi esperti di canapa in Italia, si sofferma sulle potenzialità economiche e nel campo della salute della sostituzione di prodotti da combustione come il tabacco con la canapa a basso contenuto di THC.
Una delle domande che più spesso mi vengono rivolte da parte di imprenditori agricoli, piccoli o grandi è: potrei coltivare la canapa per produrre medicinali? Ogni volta devo rispondere no e lo giustifico con l’impossibilità per il funzionario preposto del Ministero della Salute di firmare l’autorizzazione, “perché non se la sente”.
Per non lasciare completamente insoddisfatti i mie interlocutori, gli suggerisco una visione alternativa dell’impiego in agricoltura della canapa: produrre trinciato da fumo per sigarette. Non è una novità ed il pacchetto di sigarette che è sulla mia pagina di fb, proposta come una presa in giro da parte degli accaniti sostenitori della legalizzazione della cannabis per le mie posizioni “conservatrici”, sta a testimoniare che già alle audizioni tenutesi in occasione della discussione della legge per la canapa 242/2016, avevo lanciato l’idea di utilizzare la cannabis in sostituzione del tabacco.
Con la provocatoria e rivoluzionaria introduzione della cannabis light da parte di Luca Marola, sia in Italia sia in Europa ed ora quasi in tutto il mondo, i consumatori di cannabis (senza THC) si sono resi conto che sarebbe un modo di fumare che per numerose ragioni potrebbe portare a dei significativi miglioramenti nel modo di consumare i prodotti classici da fumo (tabacco e cannabis con THC).
Provo ad elencare i più importanti motivi, sicuro di ometterne qualcuno perché molto numerosi.
La sostituzione del tabacco con la cannabis porterebbe a dismettere l’uso della molecola altamente tossica che è la nicotina con molecole tutt’altro che tossiche che sono i cannabinoidi e i terpeni. Che sia pericolosa la nicotina lo attesta il fatto che la dose letale 50 nell’uomo è meno di 10 mg/kg. In una singola sigaretta ce ne sono anche più di 2 mg e se si estraesse tutta la nicotina di un pacchetto di 20 sigarette e venisse assunta come unica dose, un individuo di 100 kg potrebbe morire. Altra ragione è che la nicotina è talmente tossica che i formulati un tempo usati come insetticidi erano così pericolosi che venivano inseriti nella classe tossicologica più pericolosa. Ora sono stati quasi tutti ritirati. Sono stati rimpiazzati dai neo-nicotinoidi il cui danno devastante sulle api è ben noto.
Tra i cannabinoidi, solo il delta-9-tetraidrocannbinolo (THC) ha un’azione significativa drogante e in nessun esperimento sino ad ora eseguito è stata individuata con precisione quale sia la sua dose letale sull’uomo. La stessa Organizzazione delle Nazioni Unite ha riconsiderato la Cannabis ed i suoi costituenti riconoscendole le proprietà curative e l’uso medico. Una differenza così grande, che comporta decine di migliaia di morti ogni anno per uso di tabacco e lo zero assoluto dei morti per cannabis, non basta a smuovere la situazione attuale, che pare “intoccabile”.
Il giro d’affari che ruota attorno al tabacco vale circa 18 miliardi di euro e con l’indotto, la cifra sale sensibilmente. A fronte di una produzione interna di circa 15.000 ton di tabacco, ne vengono importate ben 5 volte tanto già lavorato. Con le accise e l’IVA applicate ai prodotti derivati dal tabacco lo Stato rastrella 2/3 del giro d’affari che è una irrinunciabile quota di risorse, volta a garantire la copertura di una parte della spesa pubblica. Il cambiamento di destinazione del consumo e soprattutto la sostituzione dei beneficiari delle risorse originate da questa filiera pare sia un intervento improponibile e rivoluzionario. I soggetti che godono da molti decenni di questi privilegi, come spesso capita in questo Paese, non sono neppure Italiani: si chiamano Phylip Morris, British American Tobacco, Japan Tobacco, Universal Leaf Tobacco.
Il numero di posti di lavoro che sono in gioco ruotano attorno alla cifra di 50.000 unità e perciò non è certo un’operazione indolore o facilmente realizzabile nell’immediato. Sta di fatto che è da un po’ di tempo che le multinazionali del tabacco si stanno preparando alla riconversione ed alcune di queste hanno già fatto grossi investimenti in ricerca per arrivare a ciò che in Svizzera è già una realtà e cioè la distribuzione da parte della grande distribuzione e dei negozi autorizzati di pacchetti di sigarette esattamente confezionati e pubblicizzati come le sigarette di tabacco, ma che contengono 1/3 di canapa.
Per la parte produttiva del prodotto agricolo, il passaggio sarebbe automatico ed istantaneo. Infatti nelle zone tabacchicole più moderne come quelle del veronese e del vicentino ci sono aziende ben strutturate che già da alcuni anni coltivano decine ed anche centinaia di ettari a canapa. Questa produzione non va tutta trasformata in sigarette, ma la gran parte va in fumo (cannabis light) o usata per l’estrazione dei principi attivi molto richiesti dall’industria farmaceutica, cosmetica e alimentare. La commercializzazione e la gestione della materia prima della canapa non è ancora ben organizzata. Mancano soggetti affidabili per l’intermediazione tra il produttore ed l’industria richiedente e perciò il settore primario è spesso in balia di prezzi volatili, approfittatori che propongono contratti che poi non si concretizzano e un Ministero che non interviene quando è necessario per risolvere le problematiche sulle varietà certificate carenti, modalità di riproduzione della canapa adatte alle esigenze del mondo agricolo, organizzazione della trasformazione e controllo sulla salubrità dei derivati della canapa.
In un Paese attento e sensibile alle problematiche dei cittadini e della canapa si farebbe molto di più perché i motivi sono eticamente validi, ma anche decisamente pratici e utili per la sicurezza dei consumatori. Negli anni precedenti all’introduzione della cannabis light, la grossa e grassa torta del fumo se la dividevano le multinazionali, lo Stato, il contrabbando e le narcomafie. Un lavoro scientifico accurato ha dimostrato che il numero di sequestri da parte delle Forze dell’Ordine di marijuana (canapa con THC), tra il periodo prima e dopo l’introduzione nel 2017 della cannabis light, è diminuito circa del 12%. Anche per questo fatto si poteva sperare che l’atteggiamento anche della Politica si sarebbe adeguato ed invece c’è stata la reazione contraria, ed i negozi che distribuivano cannabis light sono stati additati ed avversati perché considerati istigatori e pessimi esempi per i minorenni. Con la diffusione della pandemia, per la difficoltà di movimentare importanti e pericolose quantità di sostanze stupefacenti, la cannabis light è comunque stata avvantaggiata perché reperibile più facilmente e meno costosa della marijuana. L’aumento dello stress e delle preoccupazioni legate alla dilagante malattia ha favorito il consumo di un prodotto da fumo che per la presenza del cannabidiolo (CBD) aiuta ad attenuare i sintomi negativi legati all’abuso di altre sostanze (alcool, droghe pesanti) e preoccupazioni quotidiane. A questo punto va aggiunto che per rendere il fumo della cannabis meno impattante per la salute, andrebbe consumato in maniera più intelligente e corretta. Così come sta cambiando il modo di assumere il tabacco, anche per la canapa andrebbe impiegato il sistema della vaporizzazione così da ridurre drasticamente il danno che le sostanze derivanti dalla combustione delle sostanze vegetali, possono causare. Con la vaporizzazione si apprezzano anche meglio gli aspetti gradevoli dell’aroma e del gusto di assumere una sostanza che al posto della tossicità, ha un potenziale effetto preventivo di importanti malattie (persino del cancro al polmone). Sono più di una decina le motivazioni salutistiche positive che il CBD ha dimostrato possedere e queste sono elencate in numerosissimi lavori scientifici accettati dal mondo della ricerca perché accolti da riviste che si avvalgono di competenti revisori scientifici. Parliamo per il momento di CBD perché è il cannabinoide assolutamente non stupefacente che è stato meglio studiato in questi ultimi anni, ma anche il cannabigerolo (CBG) sta emergendo come valida sostanza vegetale con azioni farmacologiche positive. C’è poi la cannabidivirina (CBDV) che per alcune patologie come l’epilessia sembra essere più efficace dello stesso CBD. Ci sarebbe il cannabicromene (CBC), meno studiato, ma che potrebbe affiancarsi al già consistente repertorio dei cannabinoidi della canapa. A questa famiglia ci si aggiungono i numerosi terpeni che sono i responsabili del caratteristico aroma della canapa. Sono più di un centinaio ed alcuni di loro vanno ad interagire con gli stessi interruttori (recettori cellulari), che presiedono al controllo di numerosissime funzione essenziali del nostro sistema endocannabinoide.
Un altro fattore positivo legato alla sostituzione del tabacco con la canapa è il drastico abbassamento della richiesta di presidi sanitari usati per la coltivazione e la protezione del tabacco. Ciò è anche imposto dal fatto che pochissimi sono i principi attivi chimici registrati dalle case produttrici di fitofarmaci (pesticidi) ammessi per la canapa, ma soprattutto perché la pianta di canapa sarebbe in grado di reggere le sfide legate all’attacco di parassiti molto meglio di ciò che può fare il tabacco. E’ tale il livello di inquinamento dei terreni e delle zone tipicamente tabacchicole che pare ci sia una correlazione positiva tra tabacco e aumento del numero dei tumori negli agricoltori e nella popolazione che vive nelle aree circostanti.
Già con queste poche ragioni brevemente descritte, da subito si dovrebbe abbandonare la coltivazione del tabacco per passare alla canapa da fumare, ma in questo Paese ciò che è ovvio e logico risulta essere estremamente difficile da fare. Intanto il nostro Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha organizzato un tavolo di discussione sulla canapa e questo è un inizio, che era già stato tentato circa 5 anni prima senza alcun risultato, ma questa volta staremo molto attenti per vedere se a questo inizio farà seguito un percorso utile, con tappe significativamente positive e attente alle principali problematiche che affliggono la canapa.
Giampaolo Grassi – Canavsalus Srl