Correva l’anno 2015 quando in Italia iniziava a circolare la bozza della legge quadro sulla canapa industriale che, al comma 2 dell’articolo 2 prevedeva esplicitamente “la produzione di infiorescenze fresche ed essiccate per scopo floreale ed erboristico”.
Alla fine del 2016 la legge fu presentata nella sua forma definitiva, per essere poi approvata ad inizio del 2017, ma quel comma era stato cancellato dalla legge, delle infiorescenze non si faceva più cenno nonostante la legge fosse nata per normare l’utilizzo di tutta la pianta. E’ il “peccato originale” dal quale è nata la situazione attuale, nella quale regna una grande confusione che non permette un pieno sviluppo del settore e lascia aperti dei rischi per gli agricoltori e i commercianti che lavorano nel settore.
Noi ne avevamo chiesto conto all’onorevole Loredana Lupo del M5S, prima firmataria del progetto di legge, che aveva ammesso il problema spiegando che: “A questo proposito abbiamo prodotto un ordine del giorno per tentare di far capire al governo l’importanza delle infiorescenze. Abbiamo lottato fino all’ultimo da questo punto di vista ma ci sono stati diversi problemi“. E da lì i problemi sono aumentati.
L’ultima notizia, comunicata dall’associazione Canapa Sativa Italia, è che è stato ritirato il punto all’ordine del giorno che assoggettava le foglie e i fiori della Canapa Industriale (praticamente privi di THC e contenenti CBD) al DPR 309/90. Che cosa era successo? Che nella bozza di decreto sulle piante officinali – atteso dal 2018 – che il Mipaaf ha trasmesso alla Conferenza Stato-Regioni nei giorni scorsi, al punto 11 era previsto che fiori e foglie sarebbero rientrati tout court nelle previsioni del DPR 309/1990 in materia di stupefacenti, e la cui coltivazione pertanto sarebbe stata vietata senza l’autorizzazione del Ministero della Salute.
Una norma che aveva portato alle proteste sia di Federcanapa che di Canapa Sativa Italia, che avevano scritto duri comunicati stampa per denunciare il problema, sottolineando che al Tavolo di filiera istituito proprio presso il Mipaaf, non era stato fatto cenno del provvedimento.
Canapa e piante officinali era un tema che era tornato di attualità alla fine del 2020, quando si era erroneamente diffusa la notizia che anche la pianta dai mille usi sarebbe rientrata in quell’elenco, una notizia poi smentita dal sottosegretario alle Politiche Agricole Giuseppe L’Abbate, che proprio a Canapaindustriale.it aveva invece spiegato che le cose non stavano così.
Nel frattempo in Francia era scoppiato il “caso Kanavape”. Tutto nasce da un processo avviato in Francia, in cui due imprenditori dopo aver messo in commercio una sigaretta elettronica a base di CBD, che veniva prodotto e importato dalla Repubblica Ceca, erano stati condannati a 18 e a 15 mesi di reclusione con sospensione condizionale della pena nonché a 10mila euro di ammenda. Questo perché la Francia impedisce l’importazione di derivati dalla canapa che non siano fibra e semi. Il giudice si era interrogato allora sulla conformità al diritto dell’Unione della normativa francese, che vieta la commercializzazione del CBD legalmente prodotto in un altro Stato membro, e il processo è arrivato fino alla Corte di Giustizia europea.
“Uno Stato membro non può vietare la commercializzazione del cannabidiolo (CBD) legalmente prodotto in un altro Stato membro, qualora sia estratto dalla pianta di Cannabis sativa nella sua interezza e non soltanto dalle sue fibre e dai suoi semi”.
E’ il cuore della sentenza della Corte di Giustizia europea, tanto attesa, secondo la quale il diritto comunitario ha la precedenza sul diritto nazionale, anche se viene specificato che: “Tale divieto, tuttavia, può essere giustificato da un obiettivo di tutela della salute pubblica ma non deve eccedere quanto necessario per il suo raggiungimento”.
Tutto risolto? Per niente. Nel frattempo in Francia la cannabis light è finita davanti alla Corte Costituzionale e dalle anticipazioni della stampa transalpina sembra proprio che il Paese normerà i prodotti di CBD, vietando però la vendita di fiori e foglie grezze. La stesura del nuovo ordine dovrebbe essere finalizzata presto. Il testo dovrebbe poi essere inviato alla Commissione europea. Gli stati membri dell’UE avranno allora “un massimo di sei mesi” per porre domande alla Francia prima di una possibile pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.
In Italia accade che ad inizio di ottobre, nel silenzio più totale, viene pubblicato un decreto dal ministero della Salute nel quale il CBD viene considerato uno stupefacente. Si alzano le barricate per un provvedimento incomprensibile che, dopo due settimane, viene sospeso senza mai essere ritirato del tutto. Nel frattempo anche la Commissione Europea sospende le domande delle aziende che avevano fatto richiesta di utilizzare il CBD a livello alimentare, dicendo che potrebbe essere considerato uno stupefacente. Intanto arriva la sentenza della Corte europea citata prima, e anche la Commissione europea fa un passo indietro.
Uno degli ultimi passaggi nel nostro Paese è stata l’autorizzazione dal ministero della Salute alla cessione di canapa che sarà successivamente utilizzata per estrarne i principi attivi ad uso farmaceutico, in particolare il CBD, ad aziende che coltivano canapa industriale, con la conseguente pubblicazione da parte del ministero stesso delle linee guida. Ma l’autorizzazione riguarda le aziende che intendono cedere il fiore ad officine farmaceutiche autorizzate da AIFA ad estrarre i principi attivi, quello che oggi manca è che venga chiarita la situazione per le aziende agricole e commerciali che già producono e vendono i fiori di canapa.
La scelta della Svizzera è stata semplice e netta: quella di considerare i fiori di canapa come sostitutivo del tabacco, autorizzandone la produzione e la vendita. Ma la Svizzera è fuori dall’Unione Europa, dove per adesso regna solo una gran confusione.
Mario Catania