La canapa potrebbe essere la prossima grande rivoluzione del settore dell’edilizia e potrebbe realmente trasformarsi in una risorsa preziosissima lungo tutte le fasi della filiera. Ecco come e quali sono le realtà che stanno già rivoluzionando il mercato.
Al momento, la maggior parte degli edifici viene realizzata utilizzando calcestruzzo, acciaio e legno: una triade che sembra difficile da sbaragliare e che anno dopo anno si riconferma la Santissima Trinità del mondo dell’edilizia, utilizzata ed elogiata da architetti e ingegneri. Eppure, la situazione potrebbe presto mutare grazie a una nuova opzione che gli esperti del settore reputano una delle più grandi novità di sempre: la canapa.
In realtà, però, la canapa di nuovo ha ben poco, perché in moltissime culture viene utilizzata da secoli per la costruzione di case o di alcune delle loro parti. Basti pensare alla casa giapponese costruita in canapa nel 1698 e visitabile ancora oggi o alle testimonianze giunte fino a noi dagli Etruschi.
Ad alimentare la fama della canapa nel Ventunesimo secolo, dopo che è rimasta ai margini del settore per anni, sono le sue caratteristiche: cresce velocemente (può essere coltivata in 90-120 giorni e raccolta due volte l’anno); è un materiale forte e resistente; non ha bisogno di enormi quantità d’acqua né di particolari attenzioni e interventi da parte dell’uomo ed è sostenibile. Anzi, quello della canapa sarebbe addirittura l’unico sistema costruttivo carbon negative, che toglie cioè dall’ambiente più CO2 di quella che sarebbe prodotta lungo tutta la filiera.
Non solo, la canapa, che in media toglie dall’atmosfera 4 volte la CO2 tolta dagli alberi, va avanti a farlo anche quando è trasformata in biomattone e altri materiali. L’impronta sarebbe quindi nettamente inferiore rispetto a quella del cemento.
Ultimo, ma non meno importante, le strutture realizzate in canapa garantiscono una maggiore salubrità degli ambienti e dell’aria che viene respirata al loro interno, oltre che un grado di umidità costante che non favorisce la formazione di muffe.
Dopo che, nel 2018, gli Stati Uniti hanno modificato il Farm Bill per legalizzare la canapa agricola, imprenditori e produttori hanno iniziato a sfruttare la pianta su larga scala e oggi, anche se molti prodotti per la bioedilizia continuano a utilizzare le fibre della pianta in modi prevedibili, come per tessere tessuti o rinforzare materiali cementizi, non mancano le soluzioni innovative e i nuovi prodotti che la sfruttano al pari del legno.
Tra i pionieri del settore c’è la Fibonacci, un’azienda del Kentucky che produce simil legname, pavimenti, armadi, telai e mobili sfruttando piante di canapa raccolte entro un raggio di 100 miglia. La linea è stata ribattezzata HempWood e la lavorazione si basa sul sottoporre le fibre vegetali a una fonte di calore elevata prima di comprimerle in stampi utilizzando un adesivo a base di soia o di colla per legno.
Obiettivo finale della Fibonacci è quello di ricreare la stabilità, la durezza e la densità della quercia sfruttando però un materiale completamente diverso. Il risultato è un prodotto che può essere tagliato, levigato e rifinito come il legno massiccio, ma quasi due volte più resistente. “L’idea è di prendere qualcosa che è debole e cresce velocemente e trasformarlo in un sostituto di qualcosa che è forte e cresce lentamente”, ha spiegato il fondatore di HempWood, Greg Wilson in un’intervista a HempBuildMag.
Un secondo esempio è quello di Plantd, startup con sede nel North Carolina, che realizza, usando la canapa, pannelli di scaglie orientate (Oriented strand board, OSB) destinati all’edilizia residenziale e molto più economici rispetto a quelli già presenti sul mercato. Il risparmio è dato da una materia prima meno costosa, ma anche dai processi produttivi più agili sotto ogni punto di vista, compreso quello degli strumenti, più economici rispetto ai classici impianti per le segherie. Secondo Josh Dorfman, co-fondatore della startup insieme a Huade Tan, infatti, la costruzione di un tradizionale nuovo impianto OSB può costare fino 400 milioni di dollari, mentre un nuovo impianto di Plantd costa 1 milione di dollari.
“Il nostro approccio elimina la necessità di una macchina da stampa alta otto piani e da 4 milioni di libbre su cui si basa l’intero settore”, afferma Dorfman. “Al contrario, noi costruiamo micro-fabbriche che sono distribuite vicino o addirittura all’interno dei mercati in cui viene costruita la maggior parte delle case”. A differenza degli alberi già utilizzati nell’edilizia, infatti, la canapa è una coltura praticabile in gran parte degli Stati Uniti e consente così una localizzazione dell’agricoltura e della produzione che l’industria del legno ingegnerizzato non può garantire. Non solo, la canapa può anche essere essiccata nello stesso campo in cui viene raccolta e non richiede il processo di essiccazione industriale ad alta intensità energetica tipico del legname verde.
Per una panoramica approfondita della bioedilizia in canapa in Italia, potete scaricare QUI il nostro speciale dedicato.
Martina Sgorlon