I biocarburanti derivati dalla canapa potrebbero essere una soluzione più sostenibile sia dal punto di vista ambientale che dal punto di vista economico. Ecco la situazione attuale e gli ultimi studi in anteprima.
Negli Stati Uniti, con l’implementazione del Renewable Fuel Standard a livello nazionale nel 2005 e l’Energy Independence and Security Act nel 2007, l’industria dei trasporti è stata costretta ad adottare biocarburanti su larga scala, motivo per cui quasi tutte le pompe di benzina del Paese ora portano un’indicazione volta a segnalare che il carburante “può contenere fino al 10% di etanolo”.
Questi biocarburanti, però, attualmente vengono per la maggior parte prodotti utilizzando mais, soia e sorgo, le uniche colture ritenute economicamente valide — per il mercato statunitense — su scala industriale. Purtroppo non vale lo stesso a livello ambientale. Queste coltivazioni, infatti, richiedono terreni molto fertili, irrigazione abbondante, una continua lavorazione del terreno e l’utilizzo di trattori e macchinari agricoli. I benefici ambientali dei biocarburanti derivati non superano né pareggiano i danni causati dalla produzione della materia prima.
È da qui che nasce l’esigenza di rivolgersi a colture più sostenibili e tra queste c’è la canapa.
L’idea di un biocarburante derivato dalla canapa non è nuova. Uno dei primi progetti, infatti, risale al 1941, quando Henry Ford, fondatore dell’omonima casa automobilistica statunitense e primo industriale al mondo a introdurre la catena di montaggio, ideò un’automobile non solo realizzata con la scocca in plastica ricavata dalla soia e dalla canapa, ma anche alimentata a etanolo, un combustibile di origine vegetale che può essere ottenuto anche dalla stessa canapa. La Hemp body car, come fu ribattezzata, però, non entrò mai ufficialmente in commercio, perché negli anni del proibizionismo e del Marijuana Tax Act, la pianta venne associata esclusivamente alle droghe leggere, impedendo il suo sviluppo a livello industriale.
Oggi, ottant’anni dopo, in un momento storico che pone al centro la salute del pianeta e l’emergenza climatica, l’idea di un biocarburante a base di canapa si sta lentamente facendo strada anche grazie all’elevato livello di sostenibilità della sua coltivazione. La canapa, infatti, prospera anche nei terreni più poveri, non necessita di particolari attenzioni da parte dell’uomo — sia dal punto di vista dell’irrigazione, che dal punto di vista dei macchinari e dei fertilizzanti — e ha un’elevata densità produttiva.
L’etanolo derivato dalla canapa, inoltre, costerebbe circa un quarto rispetto alla benzina tradizionale e non solo per i costi ridotti della coltivazione, ma anche perché verrebbe prodotto con gli steli della pianta, spesso trattati come materiale di scarto.
Ad analizzare più nel dettaglio la situazione dal punto di vista economico è uno studio condotto dal Department of Energy statunitense e che sarà pubblicato ufficialmente a partire da marzo 2022. La ricerca, intitolata Economic perspective of ethanol and biodiesel coproduction from industrial hemp, si è concentrata sugli aspetti economici della produzione di biocarburanti derivati da Cannabis sativa utilizzando un impianto di biocarburante lignocellulosico, che consuma 85 tonnellate orarie di biomassa di canapa e che produce biodiesel di canapa e bioetanolo rispettivamente da lipidi e carboidrati.
I risultati della simulazione hanno indicato che la canapa contenente il 2% di lipidi può produrre fino a 3,95 milioni di galloni di biodiesel all’anno (oltre 14 milioni di litri). Migliorando il contenuto lipidico della biomassa al 5% e al 10%, la produzione di biodiesel è aumentata rispettivamente a 9,88 e 19,91 milioni di galloni. Il costo di produzione unitario del biodiesel di canapa con canapa contenente il 2%, 5% e 10% di lipidi era rispettivamente di $18,49, $7,87 e $4,13 a gallone.
Inoltre, l’analisi di sensibilità ha rivelato la possibilità di una riduzione del 7,80% del costo unitario di produzione su una riduzione del 10% del costo delle materie prime di canapa. A questo si aggiunge un altro aspetto positivo: la canapa industriale è in grado di produrre tra 307,80 e 325,82 galloni di biocarburanti totali per ettaro, pari al 51% in più rispetto a quanto prodotto dallo stesso numero di ettari coltivati a soia.
Grazie a questi vantaggi e all’entrata in vigore del Farm Bill del 2018 che ha reso nuovamente legale la coltivazione industriale di canapa e che sta espandendo le coltivazioni negli Stati Uniti, il futuro potrebbe essere davvero più green.
In Francia, invece, a inizio 2021 è stato annunciato un progetto che prevede l’investimento di 19 milioni di euro per utilizzare canapa coltivata localmente per produrre metano e idrogeno come biocarburanti e fonti di energia.
Martina Sgorlon