Il commento del dottor Giampaolo Grassi sulla vicenda di Padova, dove 49 persone sono indagate per aver coltivato una varietà di canapa industriale non più iscritta nel registro di quelle certificate a livello europeo, ed è stata sequestrata una tonnellata di canapa.
Un bravo giornalista dovrebbe dare una notizia solo nel momento in cui è sicuro di rappresentare al meglio delle sue possibilità la realtà dei fatti e di essere il più obiettivo ed informato, per evitare di fare danni seri.
Il 14 maggio alle 13, il Tg3 regionale del Veneto ha dato notizia di un maxi sequestro di marijuana. 49 indagati ed una tonnellata di materiale sequestrato. Tra i bei titoli che danno alle indagini le Forze dell’Ordine ne hanno trovato uno azzeccato: “Erba di casa mia”. Io conosco bene la questione perché sono consulente di parte ed ho assistito ai prelievi dei campioni da analizzare per conto della difesa di questi 49 imputati. Se ascoltate il telegiornale pare che sia una cosa seria. Conoscendo meglio come stanno le cose si capisce che il servizio da una rappresentazione del fatto decisamente diversa dalla realtà, almeno per quanto riguarda la parte che riguarda l’imputato che sto seguendo personalmente.
Sul fatto che ciò che io conosco rientri esattamente nel caso illustrato dal TG3 lo attesta l’intervista che ha dato il finanziere nel servizio, il quale ha spiegato l’origine dell’indagine che è partita da una soffiata di qualche invidioso o persona in malafede che ha imbeccato la Guardia di Finanza per il caso che riguardava una varietà di origine ungherese denominata Antal. Questa è sicuramente e senza alcun dubbio una varietà di canapa industriale che è stata registrata e inserita nella lista delle varietà europee ammesse alla coltivazione da parte di tutti gli agricoltori europei. Per ragioni non conosciute, l’anno scorso questa varietà è stata esclusa dal Registro europeo è così ha perso lo status di canapa coltivabile senza autorizzazione e perciò fuori legge. Ma chiunque abbia un minimo di buon senso può immaginare che se la varietà è stata in questo elenco per anni, come appunto l’Antal, è impossibile che di punto in bianco passi istantaneamente nella categoria delle varietà che producono alti livelli di droga (THC). Magari potrebbe succedere che invece di produrre lo 0,2% di THC, per variazioni genetiche dovute alle ripetute fasi di moltiplicazione, il valore aumenti a 0,25% o valori vicini, ma ora in Europa il livello del THC ammesso nella canapa industriale è passato allo 0,3% perciò sarebbe in teoria ancora legale coltivarla, se il nuovo valore fosse stato recepito da tutti i Paesi e dall’Italia. E’ improbabile che il salto che Antal ha fatto (ma non c’è conferma da parte del costitutore della varietà di questa motivazione), possa essere stato di questo livello. Certamente non poteva essere accaduto ciò che il Tg ha riportato e cioè che il contenuto del THC della marijuana sequestrata era 20 volte superiore a quello ammesso. Significa il 4% di THC. Ora spiego dal mio punto di vista, come stanno in realtà le cose.
Prima elemento certo è che una sostanza che contiene il 4% di THC è di un livello drogastico così basso che a mala pena verrebbe accettato da consumatori competenti. I tossicologi hanno scritto sui testi sacri di tossicologia che una sostanza è attiva quando il THC è superiore all’1%. In questo caso sarebbe solo 4 volte più elevato. La marijuana vera e buona deve contenere tra il 10 e il 20% di THC, altrimenti è un prodotto che neppure un neofita considererebbe idoneo. Il punto essenziale è come viene misurato il contenuto di THC nel campione analizzato.
Per individuare la soglia economico-amministrativa e non quella legale dello 0,2% di THC è stato regolamentato a livello europeo il metodo di analisi che prevede l’esame di un campione medio composto da 50 parti apicali di altrettante piante raccolte a caso, all’interno della coltivazione. Queste sommità devono essere il terzo superiore o almeno 30 cm di lunghezza. Ciò significa che nel campione che si deve analizzare rientrano fiori e foglie della cima. Va aggiunto che il THC in questa porzione di pianta non è uniforme, ma ha un gradiente che va diminuendo dall’alto verso il basso e con differenze tra il contenuto percentuale del primo fiore apicale e la foglia più grande basale che può arrivare a 10 volte meno.
Quando le Forze dell’Ordine sequestrano materiali sospetti analizzano quello che hanno a disposizione e non possono ricostruire esattamente la composizione del campione identico e indicato dal regolamento europeo che è richiesto per accertare il rispetto del valore massimo di 0,2% di THC.
E’ cosa ovvia e comprensibile per chiunque che i valori di sostanza stupefacente determinata solo sul singolo fiore e quello derivato da un campione costituito da una media di 50 parti e che comprende foglie e fiori si discosta anche di molto.
Ci sarebbe un criterio accettato universalmente per stabilire se una pianta di canapa è da considerare appartenente alla categoria di pianta ad uso stupefacente e perciò illegale, oppure è una pianta di canapa industriale e legale. Il metodo è riportato in una pubblicazione dell’organismo delle Nazioni Unite denominato UNODC ed è un fascicolo intitolato: Recommended methods for the identification and analysis of cannabis and cannabis products. A pagina 20 del volume si trova questa formula:
X = (area THC) + (area CBN)
(area CBD)
[THC] Area of THC in the chromatogram. Area del picco corrispondente alla sostanza
X > 1 Drug-type cannabis (canapa da droga)
X < 1 Fibre-type cannabis (canapa industriale)
Purtroppo, la maggior parte dei laboratori che svolgono analisi per le Forze dell’Ordine ed i Tribunali spesso non riportano il dato relativo alla concentrazione del cannabidiolo (CBD) ed ancora meno frequente il dato del cannabinolo (CBN), ma quest’ultimo assume un valore significativo solo quando la canapa è stata conservata malamente o per lungo tempo perché è un prodotto di degradazione del THC.
Il giornalista che ha realizzato il servizio per il TG3 certamente non era a conoscenza di questi elementi tecnici, però questa superficialità può determinare la vita o la morte (economica) di un impresa o quanto meno può orientare l’opinione pubblica in una direzione che piace a certi partiti che gioiscono quando hanno l’opportunità di esaltare e cavalcare l’emozione che determinati interventi delle Forze dell’Ordine, travisati dai giornalisti, provocano.
Giampaolo Grassi – Canvasalus Srl