Un mercato da 500 milioni di euro l’anno: è quello che potrebbe portare in Italia la cannabis light insieme ai prodotti con CBD più in generale se fosse regolamentata appieno.
Se i problemi del mercato italiano sono ben noti, e a 3 anni dall’esplosione del fenomeno cannabis light manca ancora una norma chiara sulla sua commercializzazione e sul fatto che, sotto una certa soglia di THC, vada esclusa dal testo unico sugli stupefacecnti, la canapa italiana fa gola anche ai mercati esteri, meno sviluppati del nostro, che guardano con attenzione agli sviluppi delle nostre aziende, anche grazie all’importanza che il nostro settore agroalimentare ha in tutto il mondo. Se non si procederà in questa direzione, sono migliaia i posti di lavoro a rischio, in una situazione economica già drammatica.
Di stime se ne leggono tante, ma per capire veramente le potenzialità di questo mercato, i numeri di oggi e quelli del futuro, abbiamo fatto quattro chiacchiere con Davide Fortin, ricercatore all’Università Sorbona di Parigi e collaboratore di MPG Consulting, che studia il settore fin dagli albori – soprattutto dal punto di vista di dati e consumi – e che tramite un sondaggio al quale hanno risposto più di 8mila persone, sta analizzando le evoluzioni del mercato e il cambio nei paradigmi del consumo dal lockdown in poi.
Davide ha appena rilanciato il sondaggio per comprendere come i consumi stiano evolvendo durante la “fase 2”. Questi dati gli sono stati richiesti anche dalla EMCDDA, l’osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze. “Questo significa che anche dai piani alti c’è interesse, anche se i dati disponibili, ad oggi, sono pochi”. Le prime stime, sul potenziale del mercato della cannabis light, le aveva fatte proprio Fortin all’indomani dell’esplosione del fenomeno, stimando che, a regime, in Italia la cannabis light avrebbe potuto creare un mercato da almeno 46 milioni di euro per un minimo di 1000 posti di lavoro. Secondo le stime di un consorzio di produttori nel 2019 il giro d’affari avrebbe toccato i 150 milioni di euro con oltre 10mila occupati nella filiera.
“La stima che ti posso dare, analizzando il sondaggio sul consumo in Italia che ho realizzato e i dati che arrivano da Svizzera e America, è di un mercato che, comprensivo del consumo domestico e del prodotto che viene esportato, si attesta intorno ai 200 milioni di euro, in questo momento, tra infiorescenze (almeno 150 milioni) e prodotti a base di CBD. E il prodotto italiano inizia appunto ad avere appeal anche all’estero, ad esempio in Germania, Belgio, Olanda e Francia: nel paese transalpino 1 consumatore su 4 pensa di consumare prodotti italiani, i più richiesti dopo quelli svizzeri. Il potenziale è enormemente maggiore: con una base di consumatori più stabile si potrebbe arrivare ad un mercato di 4/500 milioni di euro nel giro di qualche anno, se arriveranno le opportune regolamentazioni per l’inalazione in Italia e in Europa, e quelle per garantire la salubrità del prodotto e l’indicazione corretta dei principi attivi contenuti.
Anche perché ci sono stati almeno due studi scientifici che, analizzando diversi marchi di olio con CBD, hanno dimostrato che l’indicazione in etichetta spesso non corrispondeva al reale contenuto di CBD, che in alcuni casi risultava addirittura assente.
Una curiosità è che già i giovani tra i 18 e i 22 anni provano il prodotto, anche se i maggiori consumatori sono gli over 30, anche perché hanno più potere di acquisto, con una spesa media, per i consumatori regolari, di 50 euro al mese. Ma è un prodotto usato anche dagli anziani: in Italia fino ai 70 e in Francia anche gli ottantenni, una differenza che può essere data dal fatto che in Francia si fa molta fatica a reperire cannabis medicinale in farmacia.
Un largo uso esiste anche per sostituire altre sostanze: uno su due la compra per sostituire la cannabis con THC, nella maggior parte dei casi perché durante la pandemia non riuscivano ad acquistarla, e per ridurne l’uso. Poi è stata usata in sostituzione del tabacco (una persona su dieci) e anche per ridurre bevande alcoliche o farmaci come gli antinfiammatori, analgesici, rilassanti e sonniferi, e infine sostanze come eroina e derivati dell’oppio. Poi c’è la fetta, sempre di un consumatore su 5, che sceglie la light o i prodotti a base di CBD, semplicemente per il proprio benessere, che è una parte destinata ad aumentare con il crescere delle evidenze scientifiche dell’efficacia del CBD.
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Mario Catania